La famiglia, le colpe nascoste e l'amore, nonostante tutto Elena Varvello con "La vita felice" al Cafè noir
Le prime pagine irretiscono il lettore in una storia che sembra ispirata a uno dei tanti delitti a cui la cronaca e il voyeurismo televisivo lo hanno abituato.
Gli ingredienti ci sono tutti: un paese di provincia, le ciminiere di un cotonificio fallito, un bambino rapito, un vecchio furgone che viaggia a fari spenti, una ragazza che accetta di salire a bordo e scompare nel bosco, un padre (il conducente) che torna a casa dopo un'assenza inspiegata che dura quanto una notte d'agosto.
Ma ne "La vita felice" (Einaudi) di Elena Varvello nulla è come sembra. La forza straordinaria del romanzo, concentrata in poco più di 180 pagine, risiede nel gioco che smantella ogni verità scontata e costruisce false parvenze per mascherare evidenze dolorose.
È la voce che racconta, quella di Elia, a governarne le regole. È adulto nel tempo della narrazione, ha sedici anni in quello della storia. È l'estate del 1978. Nel tumulto dell'adolescenza scopre il mostro che, oltre che nel nome, abita nella mente di suo padre, Ettore Furenti, e lo sfida nella solitudine di un'apparente incomunicabilità. Sua madre, Marta, il personaggio che pronuncia le frasi più pregnanti del libro, soffoca l'indicibile nella comprensione, nel bene che, dogma della vita felice, «nonostante tutto, diamo e riceviamo (...) il resto è solo quello che crediamo di meritare, e non vale granché, la maggior parte delle volte».
Elena Varvello, docente di scrittura alla scuola Holden di Torino, stasera (ore 19, Giardino sotto le mura) sarà ospite del Marina Cafè noir di Cagliari. Parlerà dei sentimenti controversi che governano i legami familiari: l'amore e la colpa. Per affinità di temi la scrittrice si confronterà con Marco Missiroli, autore di "Atti osceni in luogo privato". La conversazione sarà guidata da Celestino Tabasso.
L'intervista completa con Elena Varvello sull'Unione Sarda in edicola.